domenica 20 gennaio 2019

Il potere dell'opera di Dio (Religione Applicata)


Già Costantino più di 17 secoli fa lo aveva capito: utilizzare la vocazione al superiore degli esseri umani risulta certamente vincente per chi vuole dominare gli altri. In hoc signo vinces (sotto questo segno - la croce -  vincerai), disse di avere sognato, ma sfido che in realtà pensava: in hoc signo vincam (sotto questo segno vincerò).

Cibo, acqua, calore (o, se preferite, energia), sono tutti modi per controllare molto bene gli altri, facendo leva sui loro bisogni primari ed essenziali. Ma la religione, tocca il nostro profondo, la nostra innata voglia di collegarci con l'infinito, di sentirci parte di un progetto. La religione nutre la speranza, che è lo strumento più potente per controllare gli altri. 

E così, nei secoli, in vari modi il potere "civile" e quello religioso hanno trovato molti modi per allearsi, per farsi visita, per scambiarsi regali e favori. Clero e Stato si sono dati la staffetta un po' ovunque: in Italia i cattolici, negli USA gli ebrei, nei paesi arabi l'Islam (mi fermo qui, ma potrei continuare con altri esempi, e con tipi di clero non necessariamente religiosi, come i massoni).

Tutti noi sappiamo che in Italia esiste un potere nemmeno tanto nascosto che collega laici al clero, persone che rendono effettiva"l'opera di Dio". E questi laici stanno seduti in Parlamento, nelle aule universitarie, sono rettori, assessori, sindaci, militari. E tutti immaginiamo telefoni che squillano, persone che si riconoscono, che si fanno favori, che si stringono le mani per sigillare patti.

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Tutti lo immaginiamo, e forse lo vediamo anche, vediamo come "l'opera di Dio" acquista corporeità in piccoli emendamenti a leggi di bilancio, in sostanziose donazioni caritatevoli, in avanzamenti di carriera esplosivi, consulenze dorate. Lo vediamo, lo sappiamo, ne parliamo ma... ma... nulla facciamo. Accettiamo che così è e così sarà sempre. Ognuno di noi sa che il re è nudo, ma nessuno ha il coraggio di gridarlo: chiediamoci perché.

Ma, dai, lo sappiamo perché... Oceania, Eurasia ed Estasia fanno finta di farsi la guerra per mantenere ciascuna il potere sui propri cittadini. Ciascuna superpotenza ha uomini nei posti giusti che sedano sul nascere tentativi di presa di coscienza. Quindi, se qualcuno tenta di dire che il re è nudo, viene messo a tacere, polverizzato, annullato, deriso. Ogni tanto qualcuno finisce in galera, ma è solo per anestetizzare i nostri pensieri: Eurasia che ogni tanto sconfigge Estasia, si allea con Oceania, e poi si cambia e ancora e ancora, per non cambiare nulla.

Il miglior modo per detenere il potere è imballarlo in una finta libertà di pensiero e di espressione. Liberi di pensare e di esprimerci, sì, ma solo per esternare ciò che è permesso.


giovedì 17 gennaio 2019

Università (italiane): palestre di potere


Tornerò molte altre volte su questo tema, cercando di entrare più a fondo in questo mondo parallelo che è l'università (italiana).

L'università viene spesso vista in modo antitetico; chi vede un ente dove si crea cultura, la fucina dei nuovi talenti, la sede della conoscenza; altri, invece, che la vedono come uno stipendificio che si regge sul lavoro di poveri (in molti sensi!) precari, pieno di fannulloni e palloni gonfiati che non vedono l'ora o di starsene con le mani in mano o aspirano a qualche carica politica (che poi è lo stesso).

La verità non sta nel mezzo, no. Per Emmanuel Goldstein no. La verità è che l'università, almeno quella attuale, è un semenzaio di potere, un vivaio di autoritarismi, un allevamento di prepotenti. Anzi, sarò più crudo, è una di quelle fabbriche dove si selezionano i pulcini: i maschi al macello per diventare mangime, le femmine a fare le uova, da mangiare e per fare poi altri pulcini.

Alcuni pulcini femmina sono quei professori rampanti, che dopo qualche anno di lezioni sono annoiati e sbuffanti, che prima collaborano con gli enti locali, poi ci finiscono dentro (o ci provano), poi continuano ad arrampicarsi verso il Parlamento o, magari, addirittura fino al Quirinale. Altri, invece, o non ce la fanno, o preferiscono restare a fare i tacchini dentro l'università, gestendo piccoli poteri e ingrassandosi alle spalle dei sottoposti e sfigati, dove troviamo i precari già citati e pochi veri docenti che vogliono fare il loro mestiere: i pulcini maschi, da macello.



Mentre scrivo penso espressamente ad una università - non dirò quale per non essere boicottato o denunciato da qualche tacchino o politico (che poi è lo stesso) - nella quale di recente sono state fatte delle scelte di riorganizzazione, non dettate dalla razionalizzazione di costi, personale, contenuti, logistica, no. Il fatto è che una certa area ha unito le sue forze per creare un contraltare al Rettore e quest'ultimo ha risposto unendo, più o meno forzatamente, un'altra area: questione di equilibri cosmici ( o comici, come volete).

Nulla di grave, per carità, ma il fatto è che la spinta a rimodulare le aggregazioni scientifiche c'era stata già poco tempo prima prima, ma prima al Rettore o non interessava o la vedeva come una minaccia, quindi... niet. Improvvisamente qualcuno fa un passo contro il Rettore sovrano e regnante e, miracolo: in meno di tre mesi tre Dipartimenti si fondono in uno solo.

E non è finita. Non solo si crea questo nuovo Dipartimento per arginare i ribelli, ma ci si mette a capo un uomo del Rettore. E non è ancora finita! Per controllare ancora meglio il tutto ed evitare pericolose derive democratiche, si organizza una struttura piena di numerosi consessi deliberanti, sotto commissioni, delegati, consigli, giunte che, alla fine, contengono sempre le stesse poche persone che dovranno dire per cinque o sei volte "sì" ad ogni proposta, giusto perché la democrazia deve essere salva, almeno in apparenza.

Inutile dire che queste persone sono scelte dal Direttore, che a sua volta è scelto dal Rettore (ma questo non si può dire) anche se formalmente è stato eletto: ma guai ad avere elezioni con più di un candidato, hai visto mai che magari vince uno che non doveva? Per essere stato eletto, però, è stato eletto, tutto legale.

Elezioni (finte), capi, delegati... questo si fa davvero dentro le università, si allenano pulcini femmina a fare delle belle uova, mangiando mangimi a base di pulcini maschi tritati. (Continua)

lunedì 14 gennaio 2019

Battisti (Cesare, non Lucio)



Lo hanno catturato. Per la terza o quarta o quinta volta, ma conta l'ultima, come con gli amori, no?. Cesare Battisti, affiliato alla sedicente PAC (che non è il Piano Accumulo Capitale che ci propongono invadenti family bankers a caccia dei nostri soldi) ovvero i Proletari Armati per il Comunismo.

Pro-le-ta-ri Ar-ma-ti per il Co-mu-nis-mo...Ridicolmente risibile, evoca quelle strane organizzazioni che si trovano nei fumetti o nei film di 007, così assurde, improbabili e inverosimili da riuscire a catturare il lettore/spettatore. Purtroppo, però, questa sigla non fa ridere, perché ha seminato sangue, come tante altre, negli anni 70 (o post '68, se preferite).

Vorrei ricollegarmi a quanto scritto nei giorni scorsi a proposito di gilet gialli (qui). Questi PAC, erano dei rivoluzionari ribelli, scagliati giustamente contro il potere e che quindi Emmanuel Goldstein rispetta, oppure dei sanguinari esaltati sociopatici da isolare per sempre dal resto del genere umano?

Evito giri di parole: questi e tanti altri erano solo degli invasati con una pistola fra le mani, dei fondamentalisti gratuitamente violenti, dei bigotti seguaci di filosofie distorte ad arte da capi e sobillatori.

Potremmo declassarli a dei poveri inutili urlatori imbecilli se non fosse che hanno ucciso tanta gente e seminato terrore per decenni nel nostro Paese.

Questo Battisti è uno di loro. A lui possiamo anche addebitare, come anche ad altri, l'ulteriore onta della fellonia e della vigliaccheria. Scappare e correre sotto le sottane di qualche "potente" per farsi proteggere, per mantenere la libertà che in qualche modo aveva negato e avrebbe continuato a negare se non fosse stato pizzicato.

Mare, passeggiate, presentazioni di libri, Francia, Messico, Brasile... lo si è visto ovunque, ostentando la protezione che qualcuno gli stava concedendo, pulendosi le scarpe sporche del suo stesso fango (apprezzerete la momentanea benevola educazione che vi regalo) sulle giacchette e sulle gonne di "intellettuali" che lo sostenevano, che sostenevano un assassino, un pluriomicida (e che oggi cercano di prendere le distanze).

Questi "PAC" (e tutti gli altri), diversamente dai gilet gialli che chiedono espressamente le dimissioni di Macron, non puntavano dritto al cuore del potere, non usavano maniere forti contro chi davvero comandava. No. sparavano, rapinavano gente comune, poliziotti e magari anche qualche proletario che si trovava a passeggiare nella strada sbagliata nel momento sbagliato.

La sintesi della merda che erano queste persone, pilotate, prezzolate, ottusamente messe in fila dietro a ideologie cancrenose (rosse e nere, giusto per precisare) ce la dà la domanda che il figlio di una delle vittime di Battisti ha chiesto di porgli: ma se aveste vinto e sovvertito lo Stato, poi, che avreste fatto?

Welcome home Cesare, bentornato in Italia: spero che buttino via la chiave, la tua memoria e le ceneri quando sarai bruciato dopo essere marcito in carcere senza più vedere la luce.

giovedì 10 gennaio 2019

Migranti: accogliere tutti (?)


Navi che vagano nel Mediterraneo, barconi, gommoni, ONG, scafisti. Sono parole a cui ci siamo ormai abituati da un paio di decenni. Da est e da sud, l'Europa sta Sperimentando un flusso migratorio consistente che - piaccia o no - sta contribuendo a perturbare le nostre società.

Qualche conto: tra Africa Settentrinale, Siria, Curdistan e altre zone calde e a rischio per la popolazione, il bacino potenziale di migranti è di circa 650 milioni di persone. A queste, dobbiamo aggiungere le migrazioni da India e Cina (e Paesi limitrofi). Per semplificare, limitiamo il ragionamento alla sola Africa del nord, circa 500 milioni di abitanti.

Tra questi, è complicato individuare i candidati alla migrazione (per povertà, guerre, persecuzioni) ma teniamoci bassi: il 5%. Significa che almeno 25 milioni di persone premerebbero per arrivare in Europa, sperando in una vita migliore.

Considerando la popolazione europea, queste cifre non dovrebbero mettere paura: sono meno del 10% della popolazione del nostro continente. E però, è possibile o giusto o doveroso farci in quattro per accogliere tutti senza nessun tipo di filtro?

Molti invocano la grande migrazione verso gli Stati Uniti a cavallo tra il XIX e il XX secolo, quasi 10 milioni di persone in 35 anni: allora fu possibile e l'America ci ha guadagnato parecchio, vero.

Ma la situazione è molto diversa, oggi, in Europa. Gli USA, allora "adolescenti", avevano bisogno di riempire campi, fabbriche, officine. C'era bisogno di lavoratori, di popolare una nazione sostanzialmente deserta (meno di 70 milioni di persone nel 1890, oggi circa il quadruplo). L'Europa  è invece un continente "saturo". Saturo per popolazione, per posti di lavoro, per ricchezza. Cina e Brasile crescono con percentuali a due cifre, noi siamo contenti se superiamo l'1%.

Potrei continuare questa lunga premessa, ma i miei due minuti a disposizione stanno finendo e vado al punto. Non esisterebbero i buoni se non ci fossero dei cattivi. O il giorno senza la notte, il caldo senza il freddo, l'amaro senza il dolce. E...: non c'è potere senza persone su cui esercitarlo. Spostare quindi persone "muove" potere: economico, sociale, elettorale, mediatico. economico (l'ho già detto?).

Migranti significa soldi, voti, masse, pubblico, su cui esercitare potere e da usare a fini di potere. Davvero non vedete che, oggi, essere pro o contro i migranti è il tema principe di chi sta al Governo e dell'opposizione? Siamo buoni, accogliamoli qui, cattivo chi non li fa sbarcare. Siamo buoni, aiutiamoli a casa loro, cattivo chi vuole metterli a carico di una comunità con tante difficoltà.

Ed è qui -  e concludo - il succo: i buoni siamo sempre noi, qualunque cosa pensiamo; i cattivi sono sempre gli altri, quelli che non la pensano come noi. Mentre ci dibattiamo in questo pozzo scivoloso, qualcuno ci cavalca ben aggrappato alla nostra schiena, lanciandoci al galoppo.

mercoledì 9 gennaio 2019

Potere e (o è?) violenza



Gran parlare, nelle ultime settimane, sulla protesta dei gilet gialli, francesi che, stimolati da un provvedimento ritenuto ingiusto, hanno fatto la voce grossa contro il governo Macron: sommosse, scontri, violenze: roba già vista in molte occasioni, basti ricordare i G7 e i black block o varie partite di calcio tra squadre rivali (alcune anche con morti). 
Di violenza ne vediamo ogni giorno, siamo ubriachi di violenza. Eppure, questi gilet gialli sono personaggi scomodi, criticati se non condannati. Secondo voi che ne pensa Emmanuel Goldstein? Pensa che il potere regnante, costituito, "legittimo" viene leso, attaccato dal basso. Viene chiesto esplicitamente al capo del Governo francese di farsi da parte: intollerabile! Quindi,questi protestanti e chiunque non li condanni, sono nemici, nemici del potere e quindi pericolosi, malvagi, violenti, delinquenti, cattivi e perfidi. Ed Emmanuel Goldstein vi dice: bravi!

Ma, mi chiedo, non è proprio in Francia che una Rivoluzione partita dal basso ha sovvertito lo Stato costituito? E che dire delle numerose rivolte che in Europa hanno agitato i popoli per secoli? O vogliamo parlare dei "rivoltosi" padri pellegrini che si sono ribellati alla madre Inghilterra per chiedere l'indipendenza? E i partigiani, cosa erano se non ribelli contro un potere costituito e per loro sbagliato? Tutti i cambiamenti importanti nella nostra storia sono stati il risultato di scontri e violenze, di dolore e sacrifici umani. Orribile, ma così è. 
Acclarato questo, il livello successivo è comprendere che il potere, se attaccato, produce anticorpi: militari che sparano, fake news, discredito degli avversari, provocatori infiltrati... reagisce per difendersi: i ribelli vogliono il cambiamento, il potere vuole il mantenimento. Fuoco e benzina: volete che non si generi violenza se questi mondi anche solo si sfiorano? Lo sanno bene i possessori delle teste mozzate durante la Rivoluzione Francese, i morti della guerra di Indipendenza americana, i partigiani fucilati. 

Potere e violenza sono due innamorati litigiosi, non riescono a stare lontani ma non riescono neanche a non farsi del male. Il potere si costituisce, si adagia, si radica con la violenza. Poi arriva qualcuno che (a ragione o torto) non gradisce più quel potere e cerca di sfasciarlo, con la violenza. Se vince, diventa il nuovo potere, se perde viene declassato a terrorista sovversivo. 
Lo so che molti si indigneranno e salteranno dalla sedia - chi se ne frega - ma se in Francia avessero vinto i realisti, in America gli inglesi e in Italia i tedeschi... chi sarebbero oggi i cattivi ribelli violenti disgraziati senz'anima a cui tutti oggi dedichiamo i nostri personali due minuti di odio?

lunedì 7 gennaio 2019

Parolacce e opinioni


Di recente, un addetto stampa del Sindaco di Palermo ha apostrofato il Ministro degli Interni Salvini con un "SUCA", parola che, al di là della semplice traduzione che rimanda ad un esplicito atto sessuale, indica qualcosa come: fottiti, vaffanculo, io ho ragione, sottomettiti ecc... Lo so, sono significati non precisi, ma non mi viene in mente nulla di meglio.

Diciamolo subito, questo individuo è da condannare senza nessun appello. Sì, Salvini non è simpatico, non è né meridionale, né meridionalista, non è simpatico e forse neanche particolarmente intelligente e competente, probabilmente è anche razzista. Però è anche un Ministro della Repubblica, eletto democraticamente, rappresenta il nostro Paese che ci piaccia o no, e per questo va rispettato. Sì, lui ha offeso tanto in passato, anche in modo becero, ma: a) non era Ministro; b) noi vogliamo sentirci migliori di lui o dirgli che è una capra mentre ci comportiamo da capre?

Il dissenso va manifestato, va a volte anche gridato e se si pensa "no" in qualche modo dobbiamo farlo sapere agli altri, anzi ne abbiamo il dovere. Dai... le parolacce... servono solo per fare urlare scimmie, starnazzare oche, gloglottare tacchini: tutti eccitati perché un giornalista "figo" ha scritto"SUCA" a Salvini.

Nondimeno, questo giornalista si è comunque mostrato utile: abbiamo scoperto migliaia di coglioni decerebrati (a proposito di no politically correct) per i quali il "SUCA" rappresenta il picco delle loro capacità dialettiche e critiche: forse meritano certi Ministri e certi Governi, no?

Purtuttavia, con quel "SUCA", il giornalista aveva mostrato un guizzo di personalità, la schiena dritta, la focosità sicula del sapersi ribellare contro il potere arrogante, il grido di intolleranza verso il delirio di onnipotenza di un Ministro ignorante e razzista. Ma il Sindaco di Palermo non ride, non starnazza, non urla e non gloglotta. Il sindaco si indigna e, e allora "SUCA" si trasforma in uno scodinzolante "SCUSA" (credo si chiami zeppa con anagramma, per la felicità degli enigmisti), ma non verso il Ministro offeso, verso il Sindaco. Sì avete capito, si è scusato non con il potere A, ma con il potere B, perché  il potere si può offendere, ma solo se un altro potere te lo permette. Sipario (o, forse, siparietto).

Io però non chiedo permesso: SUCA a chi non la pensa come me (e non chiedo scusa al Sindaco).


domenica 6 gennaio 2019

Primo post

Benvenuti. In questo blog vi racconterò come la vedo su alcune persone, fatti, eventi, leggi, comportamenti. Il mio bersaglio preferito è il potere, specie quando viene gestito male e quando viene utilizzato non per organizzare e promuovere, ma come sgabello per arrampicarsi in alto a scapito degli altri.

L'ispirazione è ai "two minutes hate" che Il Grande Fratello dedicava a Emmanuel Goldstein, capo della resistenza al Partito, la Confraternita, solo che io mi riconosco nel bersaglio di quei minuti e non nel promotore. Se volete saperne di più leggete "1984" di George Orwell (leggere fa bene). Se vi scoccia leggere potete dare un'occhiata qui.

Assorbiamo migliaia di contenuti ogni giorno (foto, video, articoli, post, ...) e un like dato o meno, una parola sbagliata, un commento male interpretato attirano su di noi attenzioni, giudizi, attacchi: tutto viene registrato, nulla sfugge ai "Grande Fratello" del XXI secolo.

Perché? Perché sapere è potere, informare è potere, influenzare è potere. Nulla contro il potere, se questo serve per assumersi delle responsabilità, per servire, per dare opportunità, per fare crescere gli individui. Ma guai al potere che usa conoscenze, informazioni e risorse per alimentarsi, per crescere, per imporsi, per zittire il dissenso.

Avviso, non sopporto l'ipocrisia e amo la schiettezza, anche ai limiti dell'offesa: una delle piaghe che ci affligge è il politically correct: nato con nobili scopi, questo concetto è diventato sempre più uno strumento dei potenti per decidere chi-può-dire-cosa e quando e quanto e dove e a chi: chi si dovesse offendere... beh... libero di non leggere.

Mai più di due minuti, come i due minuti di odio, due minuti per leggere il post: promesso. Due minuti di lettura corrispondono a circa 1500 caratteri: se ne possono dire di cose!

Fonti e spunti: social, giornali, riviste, foto, segnalazioni: tutto verificato e verificabile. Ma l'opinione resta la mia, per due minuti di odio contro ogni uso distorto del potere.

E, a proposito di politically correct, sì, la parola "odio" si può usare, esiste, corrisponde a un preciso stato d'animo: usiamola ove necessario.