giovedì 17 gennaio 2019

Università (italiane): palestre di potere


Tornerò molte altre volte su questo tema, cercando di entrare più a fondo in questo mondo parallelo che è l'università (italiana).

L'università viene spesso vista in modo antitetico; chi vede un ente dove si crea cultura, la fucina dei nuovi talenti, la sede della conoscenza; altri, invece, che la vedono come uno stipendificio che si regge sul lavoro di poveri (in molti sensi!) precari, pieno di fannulloni e palloni gonfiati che non vedono l'ora o di starsene con le mani in mano o aspirano a qualche carica politica (che poi è lo stesso).

La verità non sta nel mezzo, no. Per Emmanuel Goldstein no. La verità è che l'università, almeno quella attuale, è un semenzaio di potere, un vivaio di autoritarismi, un allevamento di prepotenti. Anzi, sarò più crudo, è una di quelle fabbriche dove si selezionano i pulcini: i maschi al macello per diventare mangime, le femmine a fare le uova, da mangiare e per fare poi altri pulcini.

Alcuni pulcini femmina sono quei professori rampanti, che dopo qualche anno di lezioni sono annoiati e sbuffanti, che prima collaborano con gli enti locali, poi ci finiscono dentro (o ci provano), poi continuano ad arrampicarsi verso il Parlamento o, magari, addirittura fino al Quirinale. Altri, invece, o non ce la fanno, o preferiscono restare a fare i tacchini dentro l'università, gestendo piccoli poteri e ingrassandosi alle spalle dei sottoposti e sfigati, dove troviamo i precari già citati e pochi veri docenti che vogliono fare il loro mestiere: i pulcini maschi, da macello.



Mentre scrivo penso espressamente ad una università - non dirò quale per non essere boicottato o denunciato da qualche tacchino o politico (che poi è lo stesso) - nella quale di recente sono state fatte delle scelte di riorganizzazione, non dettate dalla razionalizzazione di costi, personale, contenuti, logistica, no. Il fatto è che una certa area ha unito le sue forze per creare un contraltare al Rettore e quest'ultimo ha risposto unendo, più o meno forzatamente, un'altra area: questione di equilibri cosmici ( o comici, come volete).

Nulla di grave, per carità, ma il fatto è che la spinta a rimodulare le aggregazioni scientifiche c'era stata già poco tempo prima prima, ma prima al Rettore o non interessava o la vedeva come una minaccia, quindi... niet. Improvvisamente qualcuno fa un passo contro il Rettore sovrano e regnante e, miracolo: in meno di tre mesi tre Dipartimenti si fondono in uno solo.

E non è finita. Non solo si crea questo nuovo Dipartimento per arginare i ribelli, ma ci si mette a capo un uomo del Rettore. E non è ancora finita! Per controllare ancora meglio il tutto ed evitare pericolose derive democratiche, si organizza una struttura piena di numerosi consessi deliberanti, sotto commissioni, delegati, consigli, giunte che, alla fine, contengono sempre le stesse poche persone che dovranno dire per cinque o sei volte "sì" ad ogni proposta, giusto perché la democrazia deve essere salva, almeno in apparenza.

Inutile dire che queste persone sono scelte dal Direttore, che a sua volta è scelto dal Rettore (ma questo non si può dire) anche se formalmente è stato eletto: ma guai ad avere elezioni con più di un candidato, hai visto mai che magari vince uno che non doveva? Per essere stato eletto, però, è stato eletto, tutto legale.

Elezioni (finte), capi, delegati... questo si fa davvero dentro le università, si allenano pulcini femmina a fare delle belle uova, mangiando mangimi a base di pulcini maschi tritati. (Continua)

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